sceneggiatrice – attrice – regista

Cecilia Calvi

L’intelligenza artificiale potrà anche scrivere storie, ma non potrà mai condividere emozioni. Non ha quella piccola tara nel cervello che mette in moto l’esigenza di creare una ‘vita parallela’ in cui rifugiarsi. La perfezione non è creativa.

Nata e vissuta a Roma, ho frequentato il liceo artistico, iniziato l’università, insegnato educazione artistica e storia dell’arte per poi dedicarmi a tutt’altro: il Teatro.

Ho debuttato giovanissima in una saletta di quartiere scrivendo e interpretando il mio primo spettacolo, grazie al quale sono stata notata e scritturata come attrice uno dei più importanti Cabaret di Roma. Esperienza breve ma fulminante che mi ha insegnato un linguaggio sintetico e umoristico, l’importanza della musica e dei tempi comici. Una scuola formativa, a parte la direzione politica totalmente opposta, di cui ho tenuto conto per i futuri spettacoli di satira sociale che ho scritto, recitato e diretto dal ’73 al ‘92 con la nostra cooperativa GTP, (“I chiodi non li mastico più”, “Patate bollite” “Abballate femmene” “Grand’Hotello, “Un’ora sola ti vorrEIAR”, “il Concertondo” etc. ), per poi affrontare anche testi più classici come “Il visconte dimezzato” dal romanzo di Calvino, o più drammatici, come “Le ragioni dell’altro” (2007) o facendo solo la regia di “Skizofrenica.doc” di Silvia Scola. 

Sempre in TEATRO e sempre grazie ad un destino generoso, ho collaborato come aiuto-regista con Gigi Proietti (“Il gatto in Tasca”, Teatro Brancaccio di Roma, 1980), e Nino Manfredi (“Gente di facili costumi”, Teatro Eliseo di Roma, 1987) e con Gianni Morandi come autrice teatrale, (Immagine Italiana, 1986)

Con Proietti ho anche lavorato a Rai2 come autrice nelle 11 puntate di “Club 92” uno show a cui hanno partecipato molti attori del suo laboratorio. Anche questa occasione è stata per me una grande scuola in cui ho imparato dal maestro, oltre ‘al mestiere’, l’umanità, la sua voglia di condividere e il suo  inesauribile desiderio di sperimentare e divertirsi. Ogni tanto condivideva anche qualche dubbio ma, come diceva Manfredi, chi non ha dubbi è un imbecille.

Gianni Morandi l’ho incontrato nel momento in cui lui, dopo un periodo di riflessione e di studio al Conservatorio, stava tornando sulle scene con “Uno su mille ce la fa”. C’è tornato, con successo e forse più di prima. Anche lui, da grande artista, era semplice, comunicativo, affettuoso, irrefrenabile.

Ho avuto la possibilità di lavorare con questi giganti della scena perché, per un caso o per un altro, sono venuti  a vedere i nostri spettacoli. Manfredi venne alla prima per la stampa di una pièce per bambini (!) scritto insieme a Walter Corda e prodotto dal Teatro di Roma. Ci ha cooptato come ‘ragazzi di bottega’, amava circondarsi di giovani e lavorare con loro, ne ha tirati su parecchi e a me ha aperto le porte del mondo del cinema. Mi ha permesso di conoscere e scrivere con il grande Furio Scarpelli, un poeta severo e implacabile con i miei errori di principiante.

Nel brodo di coltura della splendida ‘commedia all’italiana’ e nel lavoro insieme a ‘giovani’ (a quell’epoca) sceneggiatori, è nato il mio primo cortometraggio: un episodio di “80mq”, un film collettivo con cinque storie di altrettanti autori sul rapporto uomo-donna in uno spazio interno limitato. 

La scelta costrittiva di un’unica location, non era dovuta a grandi pensieri filosofici, ma semplicemente alla esiguità di fondi. Fu però uno stimolo creativo. Così è stato un buon successo anche al Festival di Venezia e il mio episodio, “No mamma no” ha girato il mondo guadagnandosi molti premi ed è stato diffuso anche da Canal+ in Francia e in Germania.

Nel frattempo mi sono ‘infiltrata’ sul set di “Ballando ballando” di Scola, uno dei più grandi autori del cinema, per il piacere di vederlo lavorare. Era sempre disponibile, gentile, ironico e anche con me lo è stato. A forza di vedermi in un angolo del set, una sera mi ha invitato a cena insieme alla troupe. Così ho conosciuto il suo aiuto-regista, Francesco Lazotti con cui ho scritto, nel ’94,  la sceneggiatura di “Tutti gli anni una volta l’anno” che poi ha diretto con un cast di grandissimi attori.

Nel ’95 ho girato un altro corto, scritto da Luca Monesi, “Mirko e Caterina” che ha vinto il premio RAI2 e presentato in vari festival, compreso N.Y. e Los Angeles. È una delle prime esperienze cinematografiche  di Valerio Mastandrea. Io non l’avevo mai visto in TV da Costanzo, ma l’avevo notato in Teatro in uno spettacolo con Vera Gemma, il suo debutto da attore.

Sempre nel ‘95 un altro corto, nominato per il Nastro d’argento: “Il vampiro difettoso”, con Pietro de Silva. Avevo vinto, con ‘No mamma no’, un premio in Francia consistente in due bobine di pellicola 35mm.  Grazie a Luca Santini, direttore della fotografia ma anche di produzione e al suo gruppo di tecnici, alla location offerta da un amico, all’ aiuto di molti, siamo riusciti a utilizzare al meglio la pellicola guadagnata e, senza quasi nessun finanziamento, realizzare il corto. Come? Non lo so neanche io, so solo che qualche piccola ‘licenza’ ce la siamo presa, come utilizzare, di notte e di nascosto, una sala di montaggio.

Nel ’96, la grande prova:  il mio primo lungometraggio: “La classe non è acqua”. La sceneggiatura era stata commissionata da un Produttore a Luca Manfredi e me, ma confesso che l’argomento non ci appassionava. Abbiamo però preso il lavoro molto sul serio ed alla fine, la storia, ci è venuta divertente coinvolgendoci sempre di più. Così, tra fette di torte, risate e infinite discussioni abbiamo tirato fuori una sceneggiatura alla maniera dei vecchi maestri, quando si riunivano a fare il loro divertito e innaffiato ‘brainstorming’. Il film è andato bene, ha resistito un po’ nelle sale (Barberini a Roma) alla concorrenza dei blockbuster americani e poi è stato mandato a ripetizione in TV. Gran parte del successo è stato grazie agli attori, tutti bravi, di cui molti ancora poco conosciuti ma pronti per il grande successo. Di nuovo Valerio Mastandrea, poi Edoardo Leo, Cecilia Dazzi, Giorgio Tirabassi, etc.

Nel ’99 ho girato un film la cui prima sceneggiatura l’avevo scritta nell’86. Ho avuto pazienza e determinazione anche se a distanza di più di dieci anni il mondo era cambiato. Ma l’idea mi divertiva molto: una giovane contrabbassista dopo una lunga relazione con un giornalista manipolatore sia nel lavoro che nei rapporti personali, ormai disamorata, tenta in tutti i modi di lasciarlo senza riuscirci. Ma ogni volta ‘lui’ rilancia fino a progettare il matrimonio. A quel punto lei, esasperata, si inventa ‘l’altro’, un uomo perfetto di cui confessa di essersi innamorata. E assolda un attore pasticcione ma pieno di umanità e di fascino. Una specie di Feydeau a rovescio in cui lei tenta in tutti i modi di farsi trovare nella flagranza del tradimento per essere lasciata. 

“Mi sei entrata nel cuore come un colpo di coltello”, è il titolo del film che, assieme ad una struttura da commedia degli equivoci racconta il mondo del giornalismo, della musica, degli attori e di tutte loro le umane fragilità.

L’anno seguente Luca Manfredi ha girato “Grazie di tutto”, dalla sua sceneggiatura scritta insieme a me in cui Nino, suo padre, partecipa in una delle sue ultime sempre magistrali interpretazioni. 

Nel 2000 ho affrontato il mio primo documentario prodotto dalla società francese Gaumont-Gétévé: “Il Nuovo Sacher di Nanni Moretti”. La storia della sala cinematografica gestita con grande rigore e soprattutto indipendenza, in contrasto con le multi-sala e con una capillare scelta di film sempre interessanti e particolari curata personalmente da Nanni Moretti. 

Poi è arrivata la televisione. Il cinema e il teatro, nonostante fossero la mia vera passione, erano già stati sperimentati e sono entrata in un mondo per me totalmente nuovo.

Avevo già lavorato a lungo per Radio 1, sia come attrice che come autrice. Ora dovevo scrivere per la TV e per il grande pubblico. Tutto era diverso, a volte facile, divertente, creativo. A volte no, ingabbiati nella struttura  di una storia che doveva essere sempre uguale a sé stessa per non turbare lo spettatore.

Ho partecipato a molte serie, da “Linda e il brigadiere” a “Don Matteo” a “La Ladra”, “Il commissario Manara” , ”Provaci ancora prof!”, “L’Allieva” e, infine, i film  TV:  “La mia bella famiglia italiana” e “Nozze romane”, in coproduzione con la Germania. È stato un lavoro molto intenso e di responsabilità. 

Ultimamente mi sono dedicata ad una serie di documentari sulla ‘memoria’, ritratti di anziani testimoni emigrati da tutti i paesi dell’Italia per piantare nella pianura pontina anche la loro famiglia.  Bonifica, guerra, sopravvivenza, rinascita. La ‘raccolta’, “A memoriaduomo” realizzata con Paolo Quaregna è stata prodotta dalla Regione Lazio e diffusa in varie manifestazioni del territorio.  E per rimanere in tema, ho collaborato alla sceneggiatura di “La seconda patria” sempre di Paolo Quaregna, storia di emigrati italiani in Canada e della loro contaminazione con gli autoctoni.

Ho pubblicato anche due libri ed un racconto.

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